di Roberto D’Alessandro*
In queste settimane sono piovute critiche e prese di posizione contro la legge Calderoli sull’attuazione dell’Autonomia Differenziata, definita “Spacca Italia” o “Porcellum Bis”.
Oltre a Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio, Corte dei Conti, SVIMEZ, sindacati ed associazioni laiche e cattoliche, è arrivata la presa di posizione “tecnica” da parte di molti costituzionalisti.
In una nota dal titolo “Appello sulle gravi criticità della legge sull’autonomia differenziata (n.86/24)”, illustri costituzionalisti (Cheli, De Siervo, Angiolini, Azzariti, Cabiddu, Caretti, Zaccaria e Calvano come primi firmatari) ci spiegano, dal punto di vista “tecnico”, quali sono le distorsioni e forzature che la legge porcata sull’Autonomia Differenziata introdurrebbe.
Nella nota si legge: “La legge n. 86 del 2024 su l’autonomia differenziata delle Regioni presenta gravi criticità dal punto di vista costituzionale.[…] Oggi, un presunto intervento legislativo “di attuazione” come quello realizzato con la legge Calderoli risulta del tutto fuorviante rispetto ad una norma costituzionale, che si limita a prevedere “su iniziativa della Regione interessata” la possibilità di un limitato ampliamento dei poteri di una singola Regione […]. Sembra voler far diventare regola quella che nell’art. 116 è chiaramente concepita come eccezione.[…] A questa distorsione di fondo si accompagnano altre forzature. Secondo Costituzione “L’autonomia differenziata” dovrebbe essere attuata con atto del Parlamento, e in particolare con una legge approvata a maggioranza assoluta, per evitare l’emarginazione delle forze politiche non appartenenti alla maggioranza di governo. Con il pretesto di semplificare e di incentivare le “iniziative” delle singole Regioni, (ma in realtà complicando le cose contro lo spirito della Costituzione) la legge Calderoli conferisce al Governo un peso preponderante per giungere “all’autonomia differenziata”. I ruoli vengono capovolti: al Parlamento si riconosce solo il compito di “ratificare” l’”Intesa” con la Regione sostanzialmente decisa dal Governo.”
Quindi la legge scritta del leghista Calderoli (già padre del “porcellum”, la legge elettorale da lui stesso definita una porcata) sarebbe ipotizzabile, anche dal punto di vista “tecnico”, come una porcata bis, per la sua attuazione distorta ed ingorda del tanto controverso art. 116 della Costituzione; tenta, insomma, di far diventare la “normalità” quello che dovrebbe essere una rara eccezione. Inoltre, è affida al solo Governo la decisione di concedere l’autonomia alle Regioni richiedenti, anziché ad una discussione in Parlamento (con votazione a maggioranza assoluta).
I Presidenti delle Regioni Veneto, Lombardia e Piemonte, smaniosi di gestire materie e relativi fondi, hanno già richiesto in blocco già una decina di materie ciascuno… ed hanno dichiarato che ne chiederanno anche altre (e meno male che doveva essere una eccezione).
I LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni)
I Costituzionalisti fanno notare che la legge “non solo ha attribuito ad atti del Governo la fissazione dei LEP, ma ha perfino voluto sottrarre talune competenze regionali all’osservanza di questi ultimi. Manca la valutazione dei costi dell’autonomia differenziata. L’idea che si tratti di una riforma a costo zero è priva di fondamento. In realtà il calcolo dei livelli essenziali delle prestazioni comporterà l’aumento molto consistente di risorse per il loro finanziamento. Non a caso questa operazione è sin qui rimasta lettera morta […]. Non solo, ma, ove i LEP fossero davvero definiti, la loro attuazione accentuerebbe il divario tra Regioni ricche e Regioni povere.”
Altro che solidarietà e collaborazione fra Regioni, nella Nota si legge chiaramente che “questa legge è diametralmente opposta. Spacca l’Italia: divide le Regioni e costruisce i presupposti per una diversificazione delle prestazioni essenziali garantite ai cittadini […]. L’autonomia differenziata così deformata, avvicinerebbe le Regioni italiane a tanti piccoli Stati in competizione tra loro che rimetterebbero in gioco l’unità nazionale […]. La conseguenza inevitabile sarebbe il sacrificio dell’eguaglianza e dell’uniformità dei diritti fondamentali dei cittadini. L’Italia per fortuna, non intende collocarsi in una simile prospettiva storica”.
Insomma, una pesantissima presa di posizione contro l’applicazione dell’Autonomia Differenziata che sta trovando opposizione ovunque e che definiamo scellerata per decenza. Per queste ed altre ragioni “tecniche” già cinque Regioni (Puglia, Sardegna, Toscana, Campania ed Emilia-Romagna) hanno presentato ricorso presso la Corte Costituzionale.
*Movimento Equità Territoriale
(8 settembre 2024)
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