di Matteo Marra
Domenica 25 febbraio, dalle elezioni regionali in Sardegna è uscito vittorioso il cosiddetto “campo largo” capitanato da una certa Alessandra Todde. Il Movimento 5 Stelle ha subito festeggiato l’elezione di una propria esponente a presidente di regione per la prima volta nella sua storia. Il Partito Democratico ha fatto lo stesso, ma un po’ timidamente. La destra, invece, ha poco da festeggiare. In primo luogo, il campo largo potrebbe essere una vera spina nel fianco per la coalizione di Meloni. In secondo luogo, Salvini sta cercando di fare qualsiasi cosa per riguadagnare consenso sia dentro la Lega sia tra la cittadinanza.
Si vocifera anche un possibile putsch contro Salvini ed un cambio di vertice. Ma la Lega senza Salvini sarebbe poco credibile visto che il nome della Lega è “Lega per Salvini premier”. Inoltre, il segretario federale si è blindato bene in questi anni. Nel 2022, alle elezioni politiche non ha ricandidato molti esponenti delle “minoranze” interne, rendendo, di fatto, impossibile materialmente riuscire a cambiare segretario. Questo è un problema per la Lega, ma anche per Salvini. Un partito senza minoranze interne è un partito senza autocritica e, quindi, un partito che non può in alcun modo migliorarsi, ma solo arroccarsi presuntuosamente sulle proprie posizioni.
Quello di Salvini, è forse un tentativo di trasformare la Lega nel nuovo Partito Comunista? I rapporti con la Russia ci sono ed una sede in via delle Botteghe oscure c’è (o meglio, c’era, perché la Lega ha dovuto abbandonare la storica sede di 500 metri quadrati che fu del PCI perché troppo onerosa, e già questo fa pensare sia all’incapacità di un segretario di gestire i fondi di un partito sia al declino del partito stesso). Aprendo in via delle Botteghe oscure, Salvini aveva dichiarato: “I valori di una certa sinistra che fu, quella di Berlinguer” i valori del “lavori, degli artigiani, sono stati raccolti dalla Lega, se il PD chiude Botteghe oscure, e la Lega riapre io sono contento, è un bel segnale”. Non dimentichiamo che Salvini arriva dai “Comunisti Padani”. Il ministro Sangiuliano aveva una volta rubato il microfono ai giornalisti: “Io antifascista, e voi siete anticomunisti?”, potrebbe rubarlo ancora un’ultima volta e chiedere a Salvini se si dichiara anticomunista.
Salvini continua a sfidare Fratelli d’Italia; Crosetto con un “non ho più guance da porgere” – che, tradotto, vuol dire “ho finito la pazienza” – risponde in malo modo, ma in modo giusto, a Salvini, che aveva precedentemente fatto una dichiarazione che lascia presagire una candidatura sicura di Vannacci tra le fila della Lega: “Noi della Lega indagati a prescindere”. Se Salvini non riesce a trovare niente di meglio di indagati, forse è il caso di tornare ai leghisti della prima ora e fare pace con Giorgetti, Zaia e Fedriga. Già la Lega Veneto ha espresso qualche riserva su una candidatura di Vannacci, l’assessore si Zaia, Roberto Marcato non condivide l’entusiasmo di Salvini: “Cosa c’entra con la nostra storia?”. Tanti leghisti della “prima ora” si fanno questa domanda da un po’ di tempo e non solo su Vannacci.
Meloni aveva fatto un appello per l’unità della coalizione in Sardegna. Salvini ha risposto mandando sull’isola il suo vice Crippa per attaccarla pubblicamente: “Meloni non ha ascoltato i territori; queste sono le conseguenze”. Nel frattempo, la Lega aveva spinto per il voto disgiunto regalando voti a Todde (candidata della sinistra). Truzzu, candidato sostenuto dalla destra (ma non da tutta la Lega), ha perso, alla fine, per 5.000 voti. Visti i risultati, Crippa ha esultato: “Il nostro è stato un buon risultato, se sommiamo la lista della Lega (3,75%) a quella del Partito sardo d’Azione siamo al 9%: faremo subito il gruppo comune in Consiglio regionale. Dall’altra parte FdI ha perso dieci punti rispetto alle politiche”. Una sconfitta per FdI e la leadership di Meloni, che ha preteso che venisse candidato Truzzu (FdI) al posto di Solinas (Lega). Salvini ha risposto con una specie di “voto di sfiducia” contro la leadership di Meloni: pur di non cedere la Sardegna a Fratelli d’Italia, il segretario ha preferito consegnarla alla sinistra.
Il “campo largo” ora sembra essere la soluzione per sconfiggere una destra che finora ha dimostrato di essere difficilmente battibile. Alle elezioni regionali in Abruzzo, si pensa al “campo larghissimo”, da Calenda a Fratoianni, una specie di ammucchiata, che non ha intenzione di vincere coi programmi, ma con il mantra dell’antifascismo. Todde ha vinto in Sardegna ed ha subito dichiarato: “Ai manganelli abbiamo risposto con le matite”. Una cosa senza alcun senso logico. Dire che ai manganelli loro hanno risposto con le matite, vorrebbe dire che i sardi che non hanno votato Todde sono andati in giro coi manganelli. Non vi è alcun legame tra i manganelli di Pisa ed il voto in Sardegna.
Comunque, si ha la sensazione che tutti siano in attesa delle elezioni europee (che si terranno sabato 8 e domenica 9 giugno) per agire, per fare qualcosa, per realizzare una decisione importante che sembra essere già stata presa, forse quella di un vero e proprio voto di sfiducia della Lega contro il Governo Meloni. Non sarebbe la prima volta che Salvini fa cadere un governo senza alcun motivo, se non quello di un proprio ritorno in termini elettorali (vedasi la fine del Governo Conte I). Si parla tanto di nazionalismo, ma non c’è nulla di nazionalista nel far cadere governi. Non c’è nulla di nazionalista nel cercare di dare prova della propria forza negli equilibri interni del Governo sulla testa dei cittadini sardi, come è stato fatto in queste elezioni.
(1 marzo 2024)
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