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LFF2019: una serata di apertura “Oltre l’Arcobaleno”… perché?

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di Gianfranco Maccaferri #gfmaccaferri twitter@torinonewsgaia #LFF2019

 

L’apertura della 34° edizione del “Lovers Film Festival Torino LGBTQI Visions” è stata intitolata:  Over The Rainbow – una serata oltre l’arcobaleno. Credo che la scelta del titolo denunci una difficoltà con con la realtà in cui si vive.

Oltre l’arcobaleno… oggi? … E perché andare in questo momento oltre l’arcobaleno?

La sensazione è che l’organizzazione, o chi per loro, abbiano dimenticato che a governarli ci sono due partiti che hanno avversato le unioni civili, che li amministra un governo che riformula la carta d’identità di un minore così che riappariranno le diciture padre e madre al posto di genitore 1 e genitore 2, che in Italia c’è un rigurgito di violenza omofoba pesantissimo, che gli attacchi ai metodi di insegnamento nelle scuole sono tutti verso una visione da famiglia cristiana, che in tantissime scuole si affronta la tematica bullismo a eccezione di quello di matrice omofobica. Oltre l’arcobaleno… oggi?

Oggi occorre essere dentro l’arcobaleno, non oltre, perché occorre fare molta attenzione e combattere gli attacchi ai diritti civili che viscidamente vengono perpetrati nel silenzio quasi assoluto della stampa e tra i sussurri dell’associazionismo LGBTI.

Credo sinceramente che potremo usare i termini “oltre l’arcobaleno” quando le coppie omosessuali si potranno sposare, quando potranno avere o adottare figli senza che un Salvini di passaggio – sic transit gloria mundi – metta in pericolo i loro diritti, quando un adolescente potrà vivere la sua omosessualità serenamente, quando due gay potranno passeggiare tenendosi per mano e baciarsi senza essere assaliti e pestati a sangue.

Così ora ci decidiamo ad affrontare la proposta per la serata di inaugurazione; il film di apertura del festival (che normalmente rappresenta simbolicamente i fuochi di artificio con cui si vuole iniziare un festival. Il film sarà: Plaire, aimer et courir vite (Sorry Angel) di Christophe Honoré. Film candidato a Cannes l’anno scorso, ma che le diverse giurie non hanno premiato, neppure con la Queer Palm. Un film che si può vedere sul web anche con sottotitoli italiani. Bontà della direzione artistica. Un film apprezzabile per la grande professionalità degli attori e per una buona e colta sceneggiatura, ma poco di più. La domanda è perché dovrei andare a Torino e pagare un biglietto per un film vecchie di due anni che posso vedere sul web.

“Sorry Angel” racconta di un primo amore, che allo stesso tempo è un ultimo amore. Racconta dell’inizio di una vita e della fine di una vita attraverso un’unica relazione sentimentale, quella del giovane provinciale Arthur e dello scrittore, prossimo alla morte, Jacques. “Sorry Angel” dunque combina tra loro due sentimenti agli antipodi: lo slancio e la rinuncia. Quindi, la storia d’amore non è altro che un mezzo per raccontare gli inizi della vita da adulto di Arthur e gli ultimi giorni dell’esistenza di Jacques. Recitato con una parlata velocissima e strascicata che rende piuttosto complessa la comprensione di parte dei singoli dialoghi dal gran ritmo e costellato di fine ironico umorismo, Sorry Angel è un film sull’amore puro inteso come sentimento reciproco immediato e complicità congiunta e tenera, e che come tale rinuncia a ostentare eccessiva attenzione alla sessualità fisica (anche se non mancano opportune scene intime di nudo indispensabili a definire un rapporto e l’intesa tra i due protagonisti), per soffermarsi nell’approccio e sulla chimica caratteriale che rende inattaccabile ed indissolubile il legame tra due uomini di differente età, cultura ed estrazione sociale.

Un consiglio? Dopo l’inaugurazione, invece di vedere “Sorry Angel”, alle 22:30 spostatevi nella “Sala Soldati” e guardatevi gli 8 cortometraggi proposti o, se volete un film che davvero affronti l’amore sconveniente per la pubblica morale di un paesello scozzese, spostatevi nella “Sala Rondolino” e godetevi Tell it to the Bees – Regno Unito, 2018, regia di Annabel Jankel; un film che vale la pena di essere apprezzato nella comoda poltrona di un cinema. Non è un capolavoro certo, i difetti di costruzione della sceneggiatura sono a volte imbarazzanti, ma il contenuto, la fotografia e l’ambientazione sono magnifici. E c’è un’imperdibile scena finale.

Leggete di più raggiungendo Gianfranco Maccaferri al suo blog.

 

 




 

(20 aprile 2019)

©gaiaitalia.com 2019 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 




 

 

 

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