di Giovanna Di Rosa, #Politica
Insomma l’elettore italiano con la tendenza ad innamorarsi del proprio leader non ha bisogno di una politica che funzioni e renda il paese migliore, ha bisogno di fare del leader del suo partito d’elezione un monumento. Una specie di oggetto di culto. Qualcosa di intoccabile e, soprattutto, infallibile. Perché la fallibilità del suo leader eletto significa la fallibilità dell’elettore che è tale perché, essendo anche politologo, ha effettuato la sua scelta sulla base di approfondita analisi politica e sociologica.
Mica perché crede a chi grida più forte, come dimostrerebbero falsamente i milioni di voti al Berlusconi del “milione di posti di lavoro” che poi finì come sappiamo… Mica perché ascolta solo chi gli smuove la pancia, no. Per conoscenza, profonda, dell’ideologia del suo partito. Quando il suo partito ha un’ideologia che duri più di sei ore. E’ naturale.
Solo con gli esempi puerili – in quanto nostri, non in quanto tali – elencati poc’anzi, è possibile spiegare la solita sequela di insulti, con pretese di sarcasmo, che ha seguito la pubblicazione di questo articolo sulla questione Ddl Zan che, nelle intenzioni di Italia Viva, dovrebbe diventare Ddl Scalfarotto con tanto di invito a Fdi e Lega ad accodarsi al futuribile codazzo, ed accuse a PD e M5S. Il punto è che non è certo questione di simpatie, se si scrive una cosa piuttosto che l’altra, e che rispetto a Renzi non si possono avere né simpatie né antipatie: Renzi non si preoccupa di nascondere né i suoi pregi né i suoi difetti e criticarlo su ciò che farebbe finta di essere è totalmente fuori luogo. Si consideri poi che, lo si ami o lo si odi – e per quanto ci riguarda c’è soltanto l’occhio distaccato del cronista-commentatore – non gli si può negare un’abilità superiore probabilmente a quella di tutti i suoi attuali colleghi politici (o politicanti). Che il suo partito stia dove stia nelle intenzioni di voto la dice però lungo sull’uso che lui ha fatto delle sue notevoli capacità. Poi, naturalmente, toccherà ai voti veri, che non sono mai le intenzioni di voto.
Questo detto ci piacerebbe però sapere da tutti i componenti i vari fan club dei partiti – perché la politica a quello si è ridotta, a parlare a un più o meno nutrito esercito di groupies acritiche che bevono tutto ciò che viene loro offerto, insultando chi scrive e critica su altre basi – se la politica dev’essere una continua guerra tra bande o se questo popolo marinai, poeti, naviganti e creduloni, voglia dare una svolta ai destini del paese ricominciando a votare guardando a ciò che al politica fa o se vuole continuare a farsi prendere per i fondelli votando chi grida più forte o chi ritiene possa offrire più vantaggi corporativi.
Poi coloro che ci insultano possono anche continuare a farlo per quel che ci importa, ma fare un passo avanti e tre indietro, soltanto perché i partitucoli si accapigliano per chi sarà a mettere la bandierina su un provvedimento, ci sembra un’umiliazione a un popolo intero. Al quale magari piace anche subire l’umiliazione. E qui entriamo in un campo che non ci riguarda più.
(5 luglio 2021)
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