di Giovanna Di Rosa
Si cambiavano d’abito lungo la strada, non si sa mai. Metti che l’irresistibile voglia di far casino di colga improvvisamente e tu proprio non possa resistere. Meglio essere già pronti. Così tutti di nero vestito e al seguito nessuna modella: solo bidoni carichi di pietre. Una barbarie. Poi verso le 16.30 il rapper Willy Peyote – lo scrive La Stampa – si è staccato dal corteo per andare a vedere cosa succedeva (e se succedeva, ma che sarebbe successo era certo). Poi il blocco della polizia. E giù botte.
Lacrimogeni, idranti, facinorosi a tirare pietre e quanto potevano, ragazzi con impermeabili nelle prime file, il cannone d’acqua non ha fermato nessuno anche se è partito in anticipo e quelli che volevano la battaglia, insieme agli altri cui era forse stata ordinata la battaglia, sono andati avanti anche sotto l’acqua. E via alle danze.
Manganellate dalla polizia, sassi e bottiglie dalle retrovie, lacrimogeni sparati in ogni direzione per più di venti minuti (via i bambini del quartiere, via gli anziani sostenitori di Askatasuna, via le famiglie solidali e i politici di Alleanza Verdi e Sinistra). Undici gli agenti feriti e giù botte da orbi per un sacco di tempo. Aria irrespirabile: e non solo per i lacrimogeni.
Da quando sono nata sento di manifestazioni con infiltrati (che sarebbero della Digos) che scatenano disordini, sento di disordini scatenati da facinorosi scalmanati e comunisti che provocano; da quando sono nata sento accuse di qua e di là e belle parole sulla pace, sull’inclusione, sulla convivenza civile, sull’amore per l’altro, sulla parità sociale. Tutto mentre tutti contro tutti si danno un sacco di botte: e cominciano a farmi tutti un po’ schifo. Tutti. Senza distinzione.
(21 dicembre 2025)
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