di Giovanna Di Rosa, #Migranti
Era il 9 maggio quando Mosua Balde, 23 anni, originario della Guinea era stato assalito e preso a bastonate senza motivo, in strada a Ventimiglia, da un gruppo di sconosciuti senza motivo. Era il 23 maggio quando il giovane si suicidava nel Centro permanenza rimpatri di Torino all’interno del quale si trovava in isolamento “ufficialmente per motivi sanitari”. Prima del suicidio il giovane, citiamo la dichiarazione dell’avvocato Gianluca Vitale al Corriere della sera, “era provato e stanco” e sosteneva di “non essere stato ascoltato dagli inquirenti dopo il pestaggio”.
Ora si apprende che la procura di Torino ha indagato il direttore del Cpr e un medico. L’accusa è di omicidio colposo e la procura che acquisito documenti nel centro per il rimpatri. Scrive Repubblica di “decisione della procura di ispezionare la struttura è scattata anche dopo la protesta fatta dalle associazioni giuridiche che avevano denunciato una serie di carenze molto gravi dal punto di vista dei diritti umanitari. Gli avvocati dell’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha in particolare raccolto una serie di casi di persone che sono state trovate in condizioni precarie di salute fisica o psichica rinchiuse nell’ospedale, la stessa struttura in cui Moussa Balde si è impiccato. “Celle pollaio senza possibilità di osservazione, in cui nessuno dovrebbe essere messo” avevano denunciato gli avvocati”, chiosa il quotidiano.
Moussa Balde era stato rinchiuso al Cpr con il suo foglio di via in attesa di espulsione senza che gli fosse consentito di tutelarsi nel procedimento per le lesioni subite dai tre aggressori che a Ventimiglia lo avevano preso a sprangate mentre chiedeva l’elemosina. I tre sono denunciati a piede libero. Lui si è tolto la vita.
(12 giugno 2021)
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