di Mirko Saporita
Si è tenuta il 6 dicembre presso la Sala Rossa del Palazzo Civico torinese la Consulta Femminile Comunale in occasione del 45° anniversario della sua fondazione. L’obiettivo della CFC è sempre stato negli anni quello di stimolare la partecipazione attiva della donna alla vita cittadina nonché migliorarne le condizioni. A presenziare a questa edizione della consulta vi erano le rappresentanti di varie associazioni femminili, le rappresentanti dei partiti, dei movimenti e delle liste civiche, le rappresentanti sindacali e le consigliere comunali. Oltre a loro anche le Consoli onorarie Maria Gracia Cavallo per le Filippine, Vivien Liliana Jones Saporetti per il Cile e la Viceconsole del Perù.
Il focus della consulta è stato posto sul fenomeno della migrazione femminile, sulle caratteristiche che la differenziano dal percorso intrapreso dai migranti uomini e dalle problematiche uniche nelle quali incappano le donne, soprattutto quelle provenienti da paesi non-UE.
La Vicesindaca Michela Favaro ha ricordato in questa sede alcune delle azioni intraprese dal Comune di Torino a favore dell’integrazione straniera femminile, fra le quali la collaborazione con SUPER – SUPporting Everyday fight against Racism, progetto europeo di supporto e lotta al razzismo, cui Torino partecipa assieme alle municipalità di Bologna e Reggio Emilia.
Monica Andriolo, Coordinatrice del Gruppo di lavoro della CFC, ha poi introdotto l’argomento presentando le difficoltà che interessano le donne migranti, queste sono lo svantaggio lavorativo sia sul fronte contrattuale che salariale, la settorializzazione estrema del mercato del lavoro a causa della quale le donne straniere si ritrovano costrette a svolgere poche determinate mansioni. Vendemmia e raccolta a mano nel settore agricolo, attività di collaboratrice domestica, assistente alla persona o addetta alle pulizie sono le occupazioni per loro più probabili, anche per chi fra esse possiede titoli di studio elevati, dato che ottenere l’equivalenza di tali certificazioni è un processo il più delle volte inconcludente. Risulta inoltre difficile per una migrante straniera bilanciare la propria vita sociale, poiché è spesso assente l’appoggio da parte di una rete amicale e familiare.
Queste problematiche han fatto sì che si creasse un divario non solo fra stranieri e italiani, ma fra stranieri maschi e femmine, divario riassunto da quello che Andriolo definisce il triplo svantaggio discriminatorio, ossia quello di essere donna, di ceto medio basso e proveniente da paesi in via di sviluppo.
Riguardo il piano legislativo hanno offerto il loro contributo alla consulta Lorenzo Trucco, Presidente ASGI Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione e Paola Fierro, Avvocata del Comitato Pari Opportunità. Il primo ha subito posto l’accento sulla difficoltà di comprensione ed attuazione del diritto sull’immigrazione, che attinge spesso alle altre branche della materia: penale, civile, familiare, dei minori e internazionale. L’Avv. Trucco ha parlato al pubblico presente delle nuove norme aggiunte nell’anno corrente riguardo i flussi migratori e come queste spesso non siano di supporto, quanto più di ostacolo alle donne migranti.
Uno degli esempi più chiarificatori riportato è quello delle controverse aggiunte di paesi quali Costa d’Avorio e Nigeria alla “lista dei paesi di origine sicura”. I paesi appena menzionati sono particolarmente soggetti alla tratta di esseri umani ai fini sessuali in Italia e in Europa e limitare alle donne da essi proventi una modalità sicura di accesso per loro vuol dire renderle ancora più esposte alla prostituzione e all’immigrazione illegale.
L’Avv. Fierro ha esposto la complessità della migrazione femminile partendo dal problema dello stereotipo del migrante, quale solo, africano e solo, mentre i dati sui flussi migratori del 2021 rivelano che il 50% arrivi era composto da donne. L’integrazione delle donne migranti, specialmente quelle non-UE, è messa così a repentaglio da un approccio giuridico orientato esclusivamente al suo status di migrante e per quasi per nulla al suo genere (approccio gender oriented). Sarebbe piuttosto in atto, sostiene ancora Fierro, dando interpretazione delle norme vigenti in tema migrazione, una discriminazione istituzionale. Questa consisterebbe nello sfavorire persone accomunate da uno o più fattori: ne è esempio quanto stabilito dalla normativa sull’assegno unico universale che in pratica esclude tutte le categorie di donne straniere con permesso di soggiorno, anche quelle richiedenti permesso per attesa occupazione.
L’ultima parola istituzionale è stata lasciata a Ilenia Gliozzi Vice Questore aggiunto della Polizia di Stato e Vice Dirigente dell’Ufficio Immigrazione di Torino. Essa condivide le perplessità elaborate nel corso della Consulta Femminile Comunale, riportando comunque un dato incoraggiante che interessa l’Italia settentrionale: la percentuale di permessi di soggiorno per lavoro richiesti dalle donne migranti è pari o, come nel caso della municipalità di Torino, superiore a quella degli uomini stranieri. La maggiore occupabilità straniera femminile -sottolinea Gliozzi- testimonia il profondo radicamento delle migranti nel territorio italiano.
È indubbio il decennale contributo portato a Torino dal susseguirsi delle migrazioni e la conseguente diversificazione del tessuto urbano ne è senz’altro una prova. Resta tuttavia molto da fare per tutelare le donne straniere che intendono integrarsi, ma non è ancora loro possibile in quanto non sono stati fatti ancora sufficienti sforzi nel comprenderle e dar loro dignità. È stato ricordato dall’Avv. Trucco nel corso della Consulta che le norme e le leggi emanate da uno Stato delineano il valore dei principi cui traggono ispirazione i suoi rappresentanti, che sono anche i nostri.
(7 dicembre 2023)
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