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La nascita degli Stati di Israele e della Palestina

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di Matteo Marra

Per capire come è stato fondato lo Stato di Israele, dobbiamo partire da quello che fu il “movimento sionista”, nato in reazione all’antisemitismo che andava diffondendosi in Europa alla fine dell’Ottocento. Il movimento sionista prende nome da Sion, che è la collina su cui sorge Gerusalemme; lo scopo dichiarato del movimento sionista era l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico e ad uno Stato ebraico. Il sionismo è, quindi, un’ideologia politica che ha diverse declinazioni, o orientamenti ideologici, sviluppatisi tra il XIX e XX secolo: il sionismo socialista, religioso, revisionista o liberale.

Il sionismo sostiene che lo Stato ebraico dev’essere situato nella “Terra promessa”, la Terra di Israele, promessa a Dio ai discendenti di Abramo: “La terra dove sei forestiero, la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te, sarò il loro Dio” (Genesi, XVII, 8). Questo è il motivo per cui già nell’Ottocento vi fu una migrazione di ebrei dall’Europa verso Israele, all’epoca parte dell’Impero ottomano.

Il movimento sionista ebbe l’appoggio del governo inglese con la Dichiarazione Balfour (dal nome dell’allora ministro degli esteri inglese) del 1917, verso la fine della Prima guerra mondiale (1914–1918): “Egregio Lord Rothscild, è mio piacere fornirLe, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazione dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dao governo. Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni. Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista. Con sinceri saluti Arthur James Balfour”.

Dopo la Prima guerra mondiale, le potenze dell’Intesa vincitrici (Inghilterra, Francia e Stati Uniti d’America) imposero, col trattato di Sèvres del 1920, lo smembramento dell’Impero ottomano: alla Francia andarono lo Siria ed il Libano; mentre, all’Inghilterra la Mesopotamia e la Palestina (attenzione, perché qui stiamo nominando le regioni storiche e non gli Stati, che in quella zona non esistevano ancora).

Nel 1922, le regioni storiche del Medio Oriente sopra elencate assunsero la forma del “mandato”, cioè una “tutela temporanea” assegnata dalla Società delle Nazioni alle potenze europee, secondo l’art. 22, comma secondo, della Convenzione della stessa Società delle Nazioni.

Nel 1923, fu costituita l’Agenzia ebraica per Israele, proprio per rappresentare le comunità ebraiche già presenti in Palestina anche prima del mandato inglese. Nel 1929, fu ufficialmente riconosciuta ed incaricata di pianificare e facilitare l’immigrazione ebraica in Palestina finanziando l’acquisto di terre dai proprietarî arabi. L’Agenzia ebraica si costituì come un governo a tutti gli effetti, eletto dagli ebrei di tutto il mondo, in proporzione alla consistenza numerica delle comunità ebraiche in tutti i Paesi. Proprio a questo periodo risale la prima costituzione di kibbutz, vale a dire strutture agricole di impostazione socialista (ricordiamoci del sionismo socialista di cui sopra) basate sulla proprietà collettiva della terra.

Gli arabi palestinesi si sentirono, però, minacciati dalla presenza dell’Agenzia ebraica e si abbandonarono ad atti di violenza verso gli ebrei palestinesi. Allora, gli Inglesi, per porre fine a questa stagione di violenze, proposero agli arabi palestinesi di costituire un’Agenzia araba con finalità simili a quella ebraica, ma la proposta fu respinta dai leader arabi.

L’Agenzia ebraica oltre a costruire ospedali ed a fornire servizî amministrativi, formò anche l’Haganah, il primo nucleo delle forze armate israeliane, che saranno formate solo nel 1948.

Con la fine della Seconda guerra mondiale, ci si rese conto che il numero degli ebrei rifugiatisi in Palestina ammontava ormai a mezzo milione di persone. La popolazione araba era pari al milione e mezzo. Le tensioni tra le due comunità si intensificarono a tal punto che gli Inglesi, nel 1947, rinunciarono al mandato e rimisero la questione alle Nazioni Unite (Organizzazione che sostituì la Società delle Nazioni).

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò una risoluzione (la n. 181 del 1947) che prevedeva in Palestina la costituzione di due Stati, uno arabo e l’altro ebraico, con Gerusalemme posta sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite. Gli ebrei accettarono, gli arabi, invece, no. Il 14 maggio del 1948, gli Inglesi abbandonarono, comunque, la Palestina. Il capo del governo provvisorio israeliano proclamò, nei territorî affidati agli ebrei dalle Nazioni Unite, la nascita dello Stato di Israele a Tel Aviv, nella prima parte della Dichiarazione di indipendenza si legge: “In virtù dei diritti storici e naturali del popolo ebraioco e della decisione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, proclamiamo la fondazione dello Stato ebraico di Palestina, che prenderà nome di Stato di Israele. Noi qui riuniti dichiariamo che, dal termine del mandato, alla mezzanotte di questa notte fra il 14 ed il 15 maggio 1948, fino a che non saranno creati gli organi debitamente eletti dello Stato, secondo la Costituzione che l’Assemblea costituente dovrà stendere non più tardi del 10 ottobre 1948, questo Consiglio nazionale agirà come consiglio provvisorio dello Stato ed il suo organo esecutivo, l’Amministrazione nazionale formerà il governo provvisorio dello Stato di Israele”.

Fondamentale per comprendere la vera natura di Israele è, però, la seconda parte della Dichiarazione di indipendenza: “Lo Stato di Israele sarà aperto all’immigrazione degli ebrei provenienti da tutti i paesi dalla loro dispersione e si farà promotore dello sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti” – (ANCHE I NON EBREI) – “; sarà basato sui precetti di libertà, giustizia e pace insegnati dai profeti ebrei, sarà sostenitore della piena uguaglianza sociale e politica di tutti i cittadini, senza distinzione di razza, di credo o sesso, e garantirà piena libertà di coscienza, di culto, di educazione e di cultura. Lo Stato di Israele proteggerà la santità e l’inviolabilità dei santuari e dei Luoghi Santi di tutte le religioni” – (ANCHE DELL’ISLAM) – “e si uniformerà ai principi della costituzione delle Nazioni Unite. Lo Stato di Israele sarà pronto a cooperare con gli organi e coi rappresentanti delle Nazioni Unite per portare a compimento la decisione presa dall’Assemblea il 29 novembre 1947” – (LA COSTITUZIONE DI UNO STATO ARABO DI PALESTINA) – “e compirà i primi passi necessari per giungere all’unione economica” – l’Unione economica dello Stato arabo e di quello ebraico era prevista dalla risoluzione 181/1947 dell’ONU – “di tutta la Palestina. Facciamo appello alle Nazioni Unite perché vogliano aiutare il popolo ebraico a costruire il proprio Stato ed ammettere Israele nella famiglia delle nazioni”.

Il giorno dopo, il 15 maggio 1948, scoppiò, in reazione alla proclamazione dello Stato di Israele, la prima guerra arabo-israeliana, che si concluse nel 1949 con la vittoria schiacciante delle forze israeliane. Nel corso degli anni successivi, l’immigrazione nello Stato di Israele di ebrei crescerà esponenzialmente: oggi, la popolazione israeliana ammonta a dieci milioni di persone. Dall’altra parte, non si proclamò la nascita di Stato arabo di Palestina fino al 1988.

Gli arabi di Palestina ed anche quelli fuori dai confini della regione, non hanno riconosciuto lo Stato ebraico di Palestina e si sono rifiutati di costituire uno Stato arabo di Palestina che non fosse esteso a tutta la regione, rifiutando di seguire la risoluzione 181/1947 dell’ONU e dando inizio alla guerra civile di Palestina (1947-1948). Alla guerra civile seguiranno, nel corso degli anni, varie guerre con lo scopo dichiarato di distruggere lo Stato ebraico, come la Prima guerra arabo-israeliana del 1948-1949; la guerra con l’Egitto del 1956, nell’ambito della Crisi di Suez; la guerra dei Sei giorni del 1967, in occasione, gli arabi rifiutarono nuovamente di raggiungere la pace con lo Stato ebraico secondo la risoluzione 242/1967 dell’ONU; la guerra dello Yom Kippur del 1973; e, infine, l’aggressione di Hamas ad Israele del 2023.

Nel 1964, fu fondata a Gerusalemme l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), il cui obiettivo è la liberazione della Palestina dagli ebrei attraverso la lotta armata. L’OLP ha un organo esecutivo, il Comitato Esecutivo, ed un organo legislativo, il Consiglio Nazionale Palestinese. Nel 1974, l’OLP richiese uno Stato indipendente arabo nel mandato di Palestina e nel 1988 ha ha adottato ufficialmente la soluzione a due Stati, con lo Stato ebraico di Palestina (Israele) e lo Stato arabo di Palestina (Palestina).

Nel 1994, Yasser Arafat riconobbe, con una lettera al primo ministro di Israele Yitzhak Rabin, lo Stato ebraico di Palestina, come conseguenza degli accordi di Oslo del 1993. Fino agli accordi di Oslo, l’OLP fu riconosciuta come organizzazione terroristica. Gli accordi di Oslo crearono anche l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) per governare la striscia di Gaza e le aree A e B della Cisgiordania, in accordo anche con Israele. Nel 2007, dopo la battaglia di Gaza tra Fatah e Hamas (due organizzazioni politiche palestinesi), l’ANP, governato da Fatah ha perso il controllo della striscia di Gaza, minacciando quel processo di normalizzazione delle relazioni tra Israele e Palestina.

Nel 2023, proprio dalla striscia di Gaza, Hamas ha potuto dare inizio ad un attacco ad Israele, uccidendo 1200 persone e col rapimento di altri 250 israeliani. Israele ha risposto con un piano a tre fasi principali, come dichiarato dal ministro della difesa di Israele, Yoav Gallant: nella prima fase, si prevedono attacchi aerei e manovre di terra “per distruggere gli operatori e danneggiare le infrastrutture in modo da sconfiggere e distruggere Hamas”; nella seconda fase, si “elimineranno le sacche di resistenza”; nella terza e finale fase, si mira alla creazione di “un nuovo regime di sicurezza” nella striscia di Gaza.

In Occidente, va di modo accusare Israele di star occupando territorî non suoi, di violare i trattati internazionali (accusa fine a sé stessa) e di star portando avanti un genocidio nei confronti degli arabi palestinesi. L’accusa di occupazione è iniziata nel momento in cui lo Stato di Israele ha dichiarato l’indipendenza nel 1947, cioè, quando Israele governava territorî che erano israeliani non solo perché controllati da Israele, ma proprio perché erano stati affidati ad Israele dalle Nazioni Unite con la famosa risoluzione 181/1947 (quella che prevedeva i due Stati, quello arabo e quello ebraico, con Gerusalemme sotto amministrazione dell’ONU, rifiutata dagli arabi palestinesi, contrarî alla nascita dello Stato ebraico).

Accusa, quella dell’occupazione, rinnovata nel 1967, al termine della guerra dei Sei giorni quando l’ONU deliberò la risoluzione 242/1967, che prevedeva il ritorno allo status quo antecedente la guerra dei Sei giorni, che, nuovamente, fu rifiutata dagli arabi palestinesi, che pretendevano il controllo della Palestina solo da parte degli arabi palestinesi. Tra le altre cose, la risoluzione 242/1967 non è assolutamente vincolante, ma è una raccomandazione: Israele si ritirerà dai territorî occupati a seguito della guerra dei Sei giorni, nel momento in cui sarà possibile garantire una pace giusta e duratura in Medio Oriente. La responsabilità del fallimento di ogni proposta di pace è palesemente degli arabi, che rifiutano di riconoscere lo Stato di Israele: il riconoscimento della sovranità degli Stati del Medio Oriente è fondamentale per la risistemazione dei territorî come previsti dalla risoluzione 181/1947 dell’ONU.

Poi, la risoluzione 338/1973 dell’ONU prevedeva che si desse applicazione alla risoluzione 242/1967 immediatamente dopo il cessate il fuoco della guerra dello Yom Kippur. Ma ciò non fu possibile per la violazione del cessate il fuoco, non si capisce bene da chi, perché le parti si accusarono di averlo fatto a vicenda. Fu, comunque, impossibile dare applicazione alla 242/1967.

L’accusa di genocidio è ridicola, in quanto per genocidicio di intende, secondo l’ONU “gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Israele non sta facendo nulla del genere, addirittura esistono in Israele dei partiti che rappresentano gli arabi palestinesi (come Ra’am, cioè la Lista Araba Unita; Hadash; Ta’al). Israele sta combattendo una guerra di difesa contro Hamas, un’organizzazione terroristica che ha lo scopo di distruggere lo Stato ebraico, come dichiarato dal suo Statuto del 1988, rivisto nel 2017, dove dichiarava di accettare la spartizione dei territorî del 1967, ma senza riconoscere lo Stato di Israele. Trattasi di una modifica sostanzialmente inutile, in quanto si deve riconoscere per forza lo Stato di Israele per poter procedere alla spartizione dei territori.

 

 

(31 maggio 2024)

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