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Torino ostaggio di Stellantis e di Meloni? 

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di Matteo Marra

La vicenda di Stellantis non è altro che un episodio della guerra eterna tra Francia ed Italia. Un tempo ci si sfidava cogli eserciti sui campi di battaglia. Oggi, si combatte nei consigli di amministrazione delle società ritenute strategiche, ci si sfida a colpi di quote societarie, acquisizioni ostili e tribunali.

Un tempo era Luigi XV che minacciava di invadere il Regno di Sardegna, la prima e povera tappa di un programma di espansione in Italia dell’imperialismo di Versailles. L’esercito francese inviato per sottomettere la penisola fu sconfitto il 19 luglio del 1747, con la battaglia dell’Assietta. Decisivo fu il rifiuto del conte di San Sebastiano di obbedire all’ordine di ripiegare: “Noiàutri i bogioma nen da sì”. Proprio in occasione dell’Assietta è nato il soprannome più famoso dei piemontesi: “ij bogia-nen”. Dal 2022, in onore della vittoria contro i francesi, il 19 luglio è la festa del Piemonte.

Alla fine, però, nel 2021 i francesi ce l’hanno fatta. Sono entrati nella nostra città acquisendo l’azienda che ha contribuito alla crescita ed allo sviluppo della nostra comunità: Stellantis ha acquisito FCA, con una fusione, che, in realtà, nascondeva una vera e propria acquisizione del gruppo italiano da parte di Stellantis. Ed oggi, l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha chiesto al governo italiano di sostenere la produzione in Italia delle 500 elettriche con sussidi. Secondo Tavares, il governo italiano dovrebbe fare di più per proteggere i posti di lavoro nel settore automobilistico.

Sempre secondo Tavares, l’assenza di sussidi per le automobili elettriche metterebbe a rischio gli impianti in Italia. Nient’altro che un ricatto, reso possibile dal fatto che i francesi hanno preso possesso degli stabilimenti di Mirafiori, dove si producono, per esempio, le 500 elettriche. Ma non è tutta colpa dei francesi. Qualche responsabilità è anche di noi italiani: sono stati i nostri saggi governi a finanziare per anni le attività della FIAT proprio per mezzo di quei sussidi che, oggi, Stellantis viene a chiederci.

Le domande sono tante. In primo luogo, dovremmo chiederci per quale motivo ancora oggi dovremmo parlare di sussidi, al posto di liberalizzare il più possibile il mercato. Secondo l’indice di libertà economica del Wall Street Journal, elaborato in collaborazione con la The Heritage Foundation, l’Italia è classificata come “moderatamente libera”, con un punteggio di 63.8. La Francia ci fa compagnia, ma ottiene un punteggio più alto: 66. La Germania, invece, ha ottenuto un punteggio di 73.5 ed è classificata come “per lo più libera”.

È importante il paragone con la Germania, che è uno dei grandi Paesi industriali del nostro continente, oltre ad essere uno dei maggiori produttori di automobili (il primo in Europa ed il sesto nel mondo) Dovremmo concentrarci sull’aumentare questo punteggio (deregolamentazione, abbassamento delle imposte e delle tasse, diminuzione della spesa pubblica, lotta alla corruzione, riduzione del cuneo fiscale) attirando investimenti per aumentare la produzione e non aumentando il debito per fare nuovi sussidi. Altrimenti, potremmo tamponare il problema nel breve periodo, ma a lungo termine ci renderemo conto di non averlo risolto.

In secondo luogo, mentre si parla di privatizzazioni è anacronistico sentire parlare di nuove nazionalizzazioni. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, replica alla provocazione di Tavares di chiudere gli impianti italiani in assenza di sussidi: “Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis, ce lo chiedano”. Ipotesi accolta da Elly Schlein: “Tavares ha lanciato una sfida, il governo la raccolga e non faccia cadere la provocazione dell’ad di Stellantis. Si prenda sul serio l’ipotesi di una partecipazione italiana a Stellantis che bilanci quella francese”. Lo stesso per Giuseppe Conte: “Non fare solo chiacchiere e trattare l’ingresso dello Stato in Stellantis”, come riportato dall’ANSA.

Sorge spontanea un’altra domanda: “Per quale motivo la politica economica della sinistra è così simile a quella della destra? Dove sono i liberali?”. Mentre si parla di privatizzazioni, pur mantenendo il controllo delle quote di maggioranza delle aziende ritenute strategiche, la sinistra propone altre nazionalizzazioni. Dobbiamo chiederci seriamente se possedere una quota societaria di un’azienda che produce automobili sia fondamentale per il nostro Paese, cioè se sia necessario da un punto di vista strategico. C’è solo da sperare che il ministro Urso ed il presidente Meloni tengano il punto, come il conte di San Sebastiano a l’Assietta: “L’era dei sussidi è finita” e “i bogioma nen da sì”.

Mentre a Roma si decide del futuro di Torino, il governatore Cirio fa sapere che la Regione Piemonte è al centro del tavolo Stellantis. Dal comunicato stampa della Regione si apprende che Cirio ha già incontrato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso a Roma, col quale si è parlato “dell’esigenza di affrontare il nodo del futuro degli stabilimenti torinesi e in particolare di Mirafiori, che è strategico non solo per la città di Torino ma per l’intero comparto automotive in Italia – ha dichiarato al termine dell’incontro il presidente Cirio. Per questo a marzo il Piemonte sarà la prima Regione convocata al tavolo nazionale su Stellantis che ora il ministro intende declinare in momenti specifici con le Regioni”.

Il presidente Cirio ha poi elencato i prossimi passi: “Nelle prossime settimane, in vista di questo appuntamento, convocherò enti locali, a partire dal Comune di Torino, associazioni di categoria e sindacati per arrivare al tavolo romano con una posizione unitaria del territorio, che chiede a gran voce di essere strategico all’interno delle politiche dell’azienda, a partire dall’individuazione di un nuovo modello per gli stabilimenti torinesi per salvaguardare un polo produttivo fondamentale e un’intera filiera che ha già dimostrato di poter affrontare con determinazione le sfide della transizione energetica, ma che deve continuare a essere centrale nelle dinamiche produttive del gruppo Stellantis”.

Nonostante l’impegno del governatore, tutto è nelle mani di Stellantis e del governo Meloni. Stellantis vuole sussidi, altrimenti minaccia di delocalizzare la produzione. Meloni non vuole saperne e fa la muscolare. Torino si ritrova ad essere ostaggio tra l’azienda ed il governo. La città ha bisogno di libero mercato, non può continuare ad essere terra di conquista per sussidi o per facile consenso sovranista. È romantico il ricordo dell’Assietta, ma sarebbe ora di guardare ai problemi con una prospettiva europea, non più francese o piemontese o italiana.

 

 

(15 febbraio 2024)

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