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Indagati dalla Puglia al Piemonte

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di Matteo Marra

Capitolo 1 – I fascisti son tornati. È il 19 marzo e viene comunicata la notizia che il ministro Piantedosi ha nominato una commissione per valutare possibili infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione Decaro, nel Comune di Bari. La decisione non sorprende i più razionali, visto che 130 persone sono già state arrestate nel barese. Vi è, ora, chi vede un certo intreccio tra la mafia e la politica pugliese, con ipotesi di voto di scambio alle elezioni comunali del 2019, che hanno visto il trionfo proprio di Decaro col 66,3% dei voti.

La sinistra, invece, non si smentisce. I Democratici gridano allo scandalo, si accusa il Governo di star intromettendosi negli affari della Magistratura. Decaro stesso tenta una disperata difesa: “Oggi è stato firmato un atto di guerra nei confronti della città di Bari”,  – come se l’attacco fosse verso la città e non contro gli amministratori corrotti (sia chiaro, innocenti fino a sentenza definitiva, eh) – “Il Ministro Piantedosi mi ha comunicato telefonicamente che è stata nominata la commissione di accesso finalizzata a verificare un’ipotesi di scioglimento del Comune”. E continua: “L’atto, come un meccanismo a orologeria, segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del Governo e si riferisce all’indagine per voto di scambio in cui sono stati arrestati tra gli altri l’avvocato Giacomo Olivieri e la moglie, consigliere locale eletta proprio nelle file di centrodestra”, ma nonostante questo, la sinistra insiste sul fatto che sia un processo politico e non giudiziario, che mira a colpire l’opposizione ed i sindaci di centrosinistra.

Decaro prosegue: “Incuranti delle parole del Procuratore distrettuale antimafia che in conferenza stampa ha detto testualmente: l’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata, gli stessi soggetti che nel 2019 hanno portato in Consiglio Comunale due consiglieri arrestati per voto di scambio, ora spingono per lo scioglimento di un grande capoluogo di Regione, evento mai successo in Italia, nemmeno ai tempi dell’inchiesta su Mafia Capitale”, ma che cosa vorrebbe dire? Secondo Decaro i capoluoghi regionali non si possono sciogliere per infiltrazioni mafiose? È bene che si sappia che non esistono norme che prevedono immunità speciali per le grandi città o per i capoluoghi di Regione in materia di scioglimento per infiltrazioni di mafia.

Ma nonostante quello che ha appena dichiarato riguardo i coniugi Olivieri (di centrodestra) Decaro è convintissimo che sia un processo politico, un atto di lesa maestà verso i suoi confronti, contro di lui, poveretto, che è sotto scorta ed è anche presidente dell’ANCI (vedremo che Lepore crede che la presidenza dell’ANCI dimostri l’onestà e l’innocenza delle persone a priori): “Un atto gravissimo, che mira a sabotare il corso regolare della vita democratica della città di Bari, proprio alla vigilia delle elezioni. Elezioni che il centrodestra perde a Bari da vent’anni consecutivamente. Per le quali stenta a trovare un candidato e che stavolta vuole vincere truccando la partita. È giusto che si sappia che negli scorsi giorni mi è stato richiesto di raccogliere tutte le attività svolte dal Comune di Bari contro la criminalità organizzata. Bene, è stato consegnato al Prefetto alle 12 di ieri (18 marzo), un voluminoso dossier, composto da 23 fascicoli e migliaia di pagine, contenente le attività svolte dal Comune contro la criminalità organizzata in questi anni. È evidente, vista la rapidità con cui è giunta la notizia della nomina della Commissione, che nessuno si è curato di leggere quelle carte. Ha avuto, dunque, più valore la pressione politica del centrodestra baresi che fatti, denunce, documenti, testimonianze. Si tratta di una vicenda vergognosa e gravissima, che va contro la città, contro i cittadini perbene” – ed ecco la lesa maestà – “contro il sindaco”.

A Decaro si deve dire che mentre si combatte la mafia, e non dubito che l’abbia fatto, non si devono avere rapporti con la mafia. È molto semplice: non si può combattere la mafia e nello stesso tempo andarci a braccetto. È una difesa molto facile: “combatto la mafia”. Certo, con una parte della mafia ci fai la guerra, ma con l’altra sembra che tu ci faccia l’amore. Ma che cosa dovremmo fare? Combattere la mafia a giorni alterni? Perdonare qualcuno perché ha la tessera del PD? La lotta alla mafia si deve fare e si deve anche vincere. Non ci possono essere sconti per nessuno. Se c’è il sospetto, alquanto fondato, che un’amministrazione locale possa avere infiltrazioni mafiose, si procede con lo scioglimento, indipendentemente dal colore politico della maggioranza consiliare. Poi, è compito dei processi assicurare chi è innocente e chi è colpevole.

Conclude Decaro: “A questa aggressione mi opporrò con tutto me stesso, come mi sono opposto ai mafiosi di questa città. Fosse l’ultimo atto della mie esperienza politica. Non starò zitto. Non assisterò in silenzio a questa operazione di inversione della verità e di distruzione della reputazione di una amministrazione sana e di una intera città”.

Ed ecco la mobilitazione generale del PD nella solita difesa dell’indifendibile. Il 20 marzo inizia la segretaria del PD Elly Schlein: “Rimaniamo basiti rispetto alle modalità con cui il ministro Piantedosi ha annunciato la nomina della Commissione per la verifica dello scioglimento del comune di Bari. Una scelta che arrivando a tre mesi dalle elezioni sembra molto politica, facendo seguito all’iniziativa di alcuni parlamentari della destra e di due membri del governo e non avendo esaminato la documentazione presentata dall’amministrazione del sindaco Decaro. Non si era mai visto ed è molto grave”.

È, poi, il turno dei parlamentari del PD Marco Lacarra, Ubaldo Pagano e Claudio Stefanazzi, che in una nota gridano allo scandalo: “Ciò che è accaduto oggi segna un punto di non ritorno nella storia politica del nostro Paese. Mai, prima di oggi, un Governo, un Ministro dell’Interno, avevano osato utilizzare i propri poteri amministrativi per combattere gli avversari politici e vincere una competizione elettorale. Quello che ha fatto il Ministro Piantedosi ai danni del Comune di Bari è un atto di una violenza e di una gravità inaudita. È evidente a tutti che non esiste nemmeno l’ombra di un solo presupposto per verificare l’ipotesi di scioglimento del Comune. Il Ministro ha dimostrato di aver ignorato platealmente le parole del Procuratore distrettuale antimafia Rossi, quando ha affermato pubblicamente che l’amministrazione comunale è estranea ai fatti contestati ed è sempre stata impegnata pervicacemente nella lotta alla criminalità organizzata. Non solo, Piantedosi ha scelto di ignorare completamente i fatti: ossia che i consiglieri arrestati nell’ambito dell’inchiesta non sono stati eletti nelle liste a sostegno dell’attuale maggioranza, ma di quelle dell’opposizione al governo cittadino. Insomma, l’unica voce che ha voluto ascoltare è quella dei parlamentari di centrodestra che hanno chiesto ed ottenuto un commissariamento politico del Comune”.

Si mobilitano anche sindaci come Roberto Gualtieri di Roma: “Molto grave quello che sta succedendo a Bari. Solidarietà ad Antonio Decaro, sempre in prima linea per la legalità. Inaccettabile un uso politico e strumentale dei poteri che la legge assegna al Governo, che costituisce un pericoloso precedente”.

Segue Matteo Lepore di Bologna, intervistato ad Omnibus su La7 il 21 di marzo. Una difesa disperata anche quella di Lepore: “Non siamo di fronte solo ad un processo giudiziario, ma di fronte ad un processo politico, come si vede anche dalle interviste che fanno gli esponenti di centrodestra, contro un sindaco di Bari che è anche presidente dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), quindi colpirne uno per educarne cento, semmai, Decaro, in questa situazione è parte lesa perché, coma ha detto il procuratore stesso, il sindaco di Bari è sotto scorta”.

Lepore dice cose che non hanno alcun senso logico. Iniziando dal fatto che essere Presidente dell’ANCI non è garanzia di onestà. E sempre in relazione all’ANCI, non si comprende bene che cosa voglia dire Lepore quando dice “colpirne uno per educarne cento”; dell’ANCI fanno parte tutti i comuni d’Italia non solo quelli amministrati dal PD. E poi, che razza di idea ha la sinistra dei nostri magistrati? Da come parlano sembra che siano tutti asserviti al potere politico. Questa gente non conosce il principio dell’indipendenza della magistratura?

Interviene anche Michele Laforgia, candidato alle primarie del centrosinistra a Bari (Decaro è al secondo mandato e non può più ricandidarsi a Bari): “La nomina della Commissione ispettiva per l’eventuale scioglimento comunale di Bari su mandato dei parlamentari di centrodestra è certamente un provvedimento grave, ostile e improvvido, a poco più di due mesi dalle elezioni amministrative. I fatti oggetto di indagine sono gravi e non devono essere sottovalutati, ma, stando agli atti ed alle dichiarazioni ufficiali del Procuratore della Repubblica, non coinvolgono l’amministrazione della città, da sempre in prima linea nel contrasto alla criminalità comune ed organizzata. La reazione del Sindaco Antonio Decaro è, quindi, comprensibile, ma la soluzione del caso Bari non può essere affidata ad un duro scontro istituzionale, e tantomeno ridotta a strumento di sciacallaggio elettorale per una destra priva di candidati e di argomenti. La posta in gioco è molto più alta e riguarda la libertà di tutti noi. La città deve reagire con una grande mobilitazione democratica, con il libero e consapevole esercizio del voto: il 7 aprile alle primarie del centrosinistra, l’8 e il 9 giugno alle amministrative. Dimostriamo con i fatti di essere capaci di scegliere chi deve governare per i prossimi cinque anni, di respingere le ombre e di fare piazza pulita a casa nostra”.

Il 20 marzo, il consigliere regionale pugliese Michele Picaro (FdI), in un messaggio su Facebook fa sapere: “è veramente sconcertante leggere le dichiarazioni del sindaco Decaro. Invece, di dichiarare guerra alla mafia, cosa fa? Si lascia andare al solito vittimismo arrivando persino a mistificare la realtà giudiziaria”. E continua: “Quella realtà che rifiuta di affrontare in Consiglio comunale non sottoscrivendo insieme alla sua maggioranza la nostra richiesta di monotematico e in Commissione regionale antimafia dove i suoi compagni di partito ritengono che, rispetto alla mia richiesta, non ci sia nulla da discutere. Insomma, un continuo girare la testa dall’altra parte, come avvenuto per Amtab che, messa in amministrazione giudiziaria, per il Procuratore aggiunto Giannella fungeva da “modello di quasi welfare” in cui le assunzioni erano sotto il controllo e la direzione del clan Parisi. Se in 15 anni di governo della città, il sindaco Decaro (già vicesindaco di Emiliano), non ha visto, non ha sentito e non ha parlato, il prefetto di Bari non poteva fare altrettanto. Ritenere che la richiesta di accesso della commissione di indagine sia un atto politico è di una gravità inaudita che mina i più elementari principî di rispetto delle istituzioni”.

Interviene il Ministro Piantedosi: “Apprendiamo dalle dichiarazioni al vetriolo che il sindaco di Bari riserva al ministro Piantedosi, “reo” di aver fatto ciò che si deve per garantire ai cittadini un clima di assoluta legalità in un Comune interessato da oltre 150 arresti e un decreto di amministrazione straordinaria di una delle società partecipate più importanti, in cui la mano della mafia sembra essere stata preponderante”. In difesa dell’intervento del Ministro Piantedosi intervengono anche i parlamentari pugliesi di Forza Italia, attaccati dalla sinistra, Dario Damiani, Giandiego Gatta, Andrea Caroppo e Vito De Palma: “A fronte di tutto ciò, per il sindaco di Bari si tratterebbe di lesa maestà adempiere all’obbligo di tutelare i cittadini ed assicurare loro un governo della cosa pubblica in linea con i principî di legalità e trasparenza. Il sindaco, invece, dovrebbe apprendere con favore l’azione del Governo. Perciò, lo invitiamo a cambiare registro per senso di responsabilità ed amore per la legalità che dovrebbe accomunare tutti gli amministratori ed i rappresentanti istituzionali”.

Davide Bellomo, deputato barese della Lega, attacca Decaro: “Le parole di fuoco di Decaro sono francamente sconcertanti. Un sindaco e presidente dell’ANCI che compie un atto sovversivo nei confronti di un Ministro non si è mai visto. L’atto di guerra a Bari ed ai baresi lo hanno dichiarato quei criminali che hanno infiltrato la mafia nel Comune, prendendo il pieno controllo di importanti società come AMTAB (Azienda Mobilità e Trasporti Bari SpA, partecipata al 100% dal Comune di Bari). Faremo di tutto, nel rispetto assoluto delle prerogative della Prefettura e del Ministero dell’Interno affinché Bari non subisca un’onta che non merita. Ma capovolgere le responsabilità è onestamente inaccettabile. Le conseguenze dell’incapacità amministrativa di Decaro non si potranno certo imputare al Ministro Piantedosi o al centrodestra locale, ma a un sindaco che ha fatto le scelte sbagliate, quanto meno in termini clientelari, e non si è accorto, nella migliore delle ipotesi, di quello che accadeva sotto i proprî occhî”.

Il 23 marzo a Bari, lo stesso Decaro, autoproclamatosi “sindaco antimafia”, organizza, con la CGIL, una manifestazione a suo sostegno contro i provvedimenti del Ministro Piantedosi. Nella manifestazione, intitolata “Giù le mani da Bari”, Luciano Canfora, famoso professore di storia greca dell’Università di Bari, che non ha mai nascosto il suo essere un comunista, ha tenuto un discorso sul ritorno dei fascisti: “Non sa, o forse non ricorda, che un secolo fa, le bande fasciste furono cacciate da Bari Vecchia. C’era un uomo che difendeva la città con tanti compagni, si chiamava Peppino Di Vittorio, ma poi, forse, il suddetto Ministro non si ricorda nemmeno o non lo sa che dopo l’insediamento del Governo del Cavaliere Mussolini, il primo atto compiuto fu di sciogliere i Consigli comunali socialisti in tutta Italia. Quindi, l’assalto ai Comuni è una caratteristica del fascismo, quale che sia la faccia che assume. Questo è un dato di fatto, al quale noi guardiamo con coraggio, perché sappiamo tutti noi che siamo qui che questa operazione gaglioffa, grottesca, è un boomerang. Si risolverà in un disastro per coloro che l’hanno inventata e, poi, diranno che si erano svegliati, che non siamo stati capiti, che è una delle formule tipiche del potere quando lancia il sasso e ritira la mano. Questo è il dato di fatto concreto, possiamo tranquillamente guardare ai prossimi giorni e settimane che saranno tutti caratterizzati dalla volontà di reagire. È stato dato a questa città un supplemento di coraggio, questo è il risultato dell’operazione compiuta. Naturalmente, con la malavita i detentori della ricchezza, con la malavita vanno sempre d’accordo, quindi, devono cercare a casa loro i complici e non da noi. Coraggio e grazie”.

Nella stessa manifestazione, Emiliano cerca di difendere Decaro: “Un giorno, come se niente fosse, sento bussare alla porta, Decaro entra bianco come un cencio e mi dice che era stato a piazza San Pietro e uno gli aveva messo una pistola dietro la schiena perché lui stava facendo i sopralluoghi per la ZTL a Bari Vecchia. Lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss del quartiere, e andai a dirle che quanto ingegnere è assessore mio e deve lavorare perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza te lo affido”. Il giorno dopo, Decaro smentisce: “Mai successo”. Lina Capriati: “non ho mai visto nessuno dei due”. Maurizio Gasparri dichiara: “Si sente forte e chiaro il rumore delle unghie che scivolano mentre Decaro tenta di arrampicarsi sui vetri. Dice, sostanzialmente, il sindaco di Bari che Emiliano ha mentito davanti ai cittadini quando ha raccontato un episodio di molti anni fa con dovizia di particolari”.

Sinceramente, non si capisce bene chi abbia ragione, ma tendo ad essere d’accordo con Gasparri in relazione a questa parte della storia. Anche perché sullo stesso palco dal quale ha parlato Emiliano, c’era ancora Decaro, che non ha detto una parola per correggere la narrazione del Governatore. Francamente, io sarei intervenuto subito se quel che ha detto Emiliano fosse stato sbagliato e non ore dopo.


Capitolo 2 – Emiliano trema

È il 4 aprile, Anita Maurodinoia, Assessore ai Trasporti della Giunta regionale pugliese di Emiliano, dà le dimissioni e lascia il Partito Democratico. Quando si è svegliata, ha trovato il suo nome tra gli indagati in un’inchiesta della Procura di Bari per corruzione elettorale nelle elezioni amministrative per la Provincia omonima. Stessa sorte è toccata al marito, Sandro Cataldo, referente del movimento politico Sud al Centro.

Insieme, a loro anche Antonio Donatelli, sindaco di Triggiano (27.000 abitanti, sempre in Provincia di Bari), al secondo mandato, eletto tra le liste civiche che fanno capo al Governatore Michele Emiliano. Donatelli è stretto fiduciario di Cataldo. Il Comune di Triggiano è ora commissariato. Questa è la conseguenza diretta dell’arresto del Sindaco, con altri 72 indagati. L’ipotesi degli inquirenti è che la vittoria di Donatelli nel 2021 sia da imputare ad una compravendita di voti, che è proseguita nel corso del mandato.

Il Gip nell’ordinanza scrive: “Il potere esercitato da Cataldo all’interno degli uffici comunali risulta essere noto a molti, tant’è che piuttosto che rivolgersi agli uffici preposti per la risoluzione di qualsivoglia problematica, sono in diversi ad interpellare direttamente lui, certi di trovare un’immediata risoluzione”. Dalle conversazioni con Donatelli, continua il Gip: “emerge una volta per tutte come Sandrino detti l’indirizzo politico, ovvero di quanto sia effettivamente rispondente alla realtà che la rielezione del sindaco uscente sia per buona parte frutto della sua occulta campagna elettorale, per cui la distribuzione degli incarichi, attraverso i quali determinare le scelte politiche di quella amministrazione comunale per i prossimi cinque anni, deve essere cosa assai ben ponderata. Cataldo fa quindi nomi, cognomi, indica strategie, dà prova di come si stia in prima persona confrontando con i pretendenti”.

Donatelli e Cataldo sono, ora, agli arresti domiciliari. Sono loro a gestire il sistema di scambio pagando 50 euro per ogni voto. Secondo la Procura: “Chi accettava l’accordo avrebbe dovuto consegnare copia dei proprî documenti di identità e della scheda elettorale per un preciso conteggio dei voti sezione per sezione. La verifica veniva effettuata nel corso delle operazioni di spoglio dove varî gregarî degli organizzatori verificano se le persone si fossero effettivamente recati al voto” e durante lo spoglio “controllavano l’effettiva corrispondenza dei voti acquistati”.

Tale sistema è stato applicato anche, da quanto appare, nel 2020 a Grumo Appula per la rielezione dell’assessore alla Sicurezza (di cui non si sa il nome, anche perché il sito del Comune, che di solito riporta i nominativi di coloro che ricoprono incarichi politici, ne è del tutto sprovvisto, in barba al principio della trasparenza), dal 4 aprile in detenzione cautelare. Sono stati trovati due fogli con un elenco di elettori, che avevano venduto il proprio voto, dimostrando un disprezzo notevole verso i valori della Repubblica e la democrazia. Ci sarebbero stati anche dei preparativi per le prossime elezioni amministrative a Bari. Un certo Armando De Francesco, considerato il braccio-destro di Sandro Cataldo aveva un documento con più di duemila nominativi di persone già pagate. Nel 2021, De Francesco aveva mandato un vocale ad una donna: “questa gente mi dovrà tutta rispondere con dei voti… Mancano tre anni ma io sto già in campagna elettorale”.

La sera del 4 aprile è comunicato che le primarie congiunte PD-M5S non si fanno. Andrea Orlando (PD) aveva detto che: “Non abbiamo a che fare con chi compra voti”, il M5S si dimostra maggiormente di parola e mette in pratica quello che dice Orlando: non vogliono avere a che fare con chi compra voti. Conte dichiara: “Non ci sono più le condizioni per svolgerle seriamente”. Il PD si difende: “Scelta incomprensibile” e “non accettiamo lezioni di legalità”, ma, da quanto sembra, il Partito Democratico ha un estremo bisogno di lezioni sia di legalità sia di politica, ma è più interessato a darle che a prenderle.

Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del PD, dichiara: “Se il M5S pensa di vincere da solo contro la destra proceda pure, ma abbia rispetto per la città di Bari, per gli elettori di centrosinistra e non pensi di dare lezioni di moralità a nessuno”, certo, non è mica il Partito Democratico a mancare di rispetto alla città di Bari ed ai proprî elettori andando in giro a comprare voti. Continua: “Il PD resta al fianco di Bari che ha già dimostrato quanto sia importante il PD come presidio di legalità e di buona amministrazione”, evidentemente vive su un pianeta dove il PD è il contrario di quello che è sul pianeta Terra. Prosegue: “Siamo certi che il PD, insieme al centrosinistra vincerà di nuovo le elezioni contro questa destra”, probabilmente continuando a comprare voti a 50 euro cadauno. Conclude: “La città di Bari ed i baresi non se lo meritano. E neppure il PD che in decenni di duro lavoro” – quale? – ha dimostrato nei fatti di essere dalla parte della legalità e della politica che non si piega al malaffare ed alle mafie. Conte non pensi di darci patenti di legalità”, e questo credo che si commenti da solo.

Interviene Elly Schlein: “La vicenda di Triggiano, se le accuse saranno confermate, è gravissima. La linea del PD è molto chiara: non accettiamo voti sporchi. Non tolleriamo voti comprati. ”, e ce l’abbiamo fatta, una cosa decente è riuscita a dirla; purtroppo prosegue: “Ci siamo presi l’impegno a cambiare il PD è stiamo lavorando a testa bassa ogni giorno per costruire un’alternativa a questa destra. Su questa linea e sulla legalità non indietreggeremo di un millimetro”. Santo cielo, dovete costruire un’alternativa a voi stessi. L’alternativa alla destra c’è già nel Paese, ma voi del PD siete, ogni giorno, sempre più impresentabili.

Conte interviene: “Ad una prima inchiesta giudiziaria, si aggiunge oggi una seconda inchiesta in cui è coinvolto il voto di scambio, cose che noi stiamo denunciando da tempo: per il Movimento 5 Stelle non ci sono le condizioni per svolgere seriamente le primarie. Riteniamo che le ragioni che ci hanno spinto ad appoggiare il candidato Laforgia permangano, anzi si rafforzano. Ci confronteremo con le forze politiche e civiche della coalizione per cercare di affrontare la campagna elettorale per Bari nel segno di un nuovo inizio, di un rafforzamento dei presidî di legalità, di massima trasparenza. Per il M5S, l’obiettivo della legalità e della trasparenza, del contrasto ad ogni forma di corruzione è una premessa indispensabile per dare un contributo politico. Se non c’è questa premessa, noi non ci siamo. Continueremo a lavorare con le altre forze ma pretendendo le massime garanzie per queste condizioni. Se non ci sono, noi non ci siamo. Andremo divisi? No, noi siamo per uno spirito unitario, siamo sempre stati leali. Tutte le forze conoscono il nostro DNA, i nostri obiettivi e le condizioni indispensabili per lavorare insieme”.

Il 5 aprile, però, Conte cambia idea: non solo non si fanno le primarie, ma si corre anche da soli e non col PD. È escalation. Laforgia, sostenuto dal M5S, dichiara: “Sospendiamo le primarie. Non per fare un passo indietro, ma per fare un passo avanti. Lo dico all’altro candidato Vito Leccese. Non voltate la testa dall’altra parte. Salviamo la città dallo spettro del commissariamento e dallo stigma della mafiosità”. E conclude: “Io credo che non ci siano più nemmeno i tempi tecnici per fare le primarie – che erano fissate per il 7 aprile – visto che mancano soltanto due mesi al voto. Io sono candidato, non so quello che farà il PD”. Un gioco, quello di Conte, di estrema astuzia: il PD è debole, quindi lo attacca per far sì che il prossimo sindaco di Bari sia un esponente del M5S.

Ma Leccese non si arrende: “Nella mia lunga vita politica ed amministrativa non sono mai stato nemmeno sfiorato da avvisi di garanzia, da indagini o da sospetti di qualsiasi tipo. E per questo non prendo lezioni di legalità da nessuno. Discuterò con il PD e con le altre forze della coalizione, e come ho sempre fatto, mi rendo ancora una volta disponibile a trovare insieme una soluzione unitaria. Che però non sia figlia di imposizioni, di ultimatum o di improponibili patenti di moralità”.

Il PD difende Leccese ed attacca Conte, il Capogruppo al Senato del PD, Francesco Boccia dichiara: “Le primarie erano e restano il DNA del PD e dei progressisti italiani. Chi le deserta sbaglia perché calpesta la grande voglia di partecipazione e dividendo la coalizione aiuta la destra. Per noi oggi inizia la campagna elettorale per il sindaco Vito Leccese”.

Elly Schlein: “Io sono qui con voi (in piazza Umberto a Bari) perché a differenza di altri mantengo la parola data. E mi dispiace per la decisione presa ieri da Giuseppe Conte, unilateralmente, perché così aiuta la destra”, sembra quasi che Conte debba chiedere il permesso al PD per rompere col PD accusato di aver comprato voti. Continua: “Forse chi ha iniziato a far politica direttamente da Palazzo Chigi non ha dimestichezza con il lavoro e lo sforzo collettivo della comunità, ma si deve avere rispetto, e far saltare le primarie a tre giorni dal voto è una sberla a chi stava preparando per queste primarie. Non è accettabile. Così come non accetto il pregiudizio che chi abita a Bari Vecchia non possa esprimere un voto libero”.

Schlein conclude: “Bari è una città rifiorita, e per questo voglio ringraziare il sindaco Antonio Decaro ed anche chi lo ha preceduto, Michele Emiliano, per la loro lotta contro il malaffare e per restituire dignità alla città. I fatti emersi a Triggiano sono gravissimi, e bisogna guardarsi dentro, il Partito Democratico intende farlo fino in fondo. Non siamo immuni ai tentativi di infiltrazione ma dobbiamo diventarlo. Non accettiamo e non vogliamo voti sporchi o comprati”, nessuna parola sulla prima inchiesta che travolge il PD di Bari, quella su Decaro, fedelissimo di Emiliano, ma il PD ha la tendenza a mantenere basso profilo sulle questioni che lo mettono più in cattiva luce.


Capitolo 3 – Torino come Bari

È il 6 aprile: le inchieste sul PD approdano a Torino, anche se non c’è il mare. Al centro delle indagini c’è un certo Salvatore Gallo, ex esponente del PSI ed oggi nel PD con la corrente dell’associazione IdeaTo, fondata dallo stesso Gallo nel 2008. È l’inchiesta Echidna: sembra che Gallo manovri tutto il PD Torino. I candidati della circoscrizione Nord-Ovest per le elezioni del Parlamento Europeo (8-9 giugno 2024), ancora qualche giorno fa andavano da lui a chiedere consiglio su come raccogliere consensi, mandati dai parlamentari del PD della zona.

Indagato è anche un certo Roberto Fantini, ex dirigente di SITAF, la ricca compagnia che gestisce l’autostrada Torino-Bardonecchia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Fantini, secondo gli inquirenti, ha aiutato le aziende appartenenti a diversi esponenti della ‘Ndrangheta ad ottenere appalti nelle autostrade.

Salvatore Gallo è, invece, accusato di estorsione e corruzione elettorale. Con metodi mafiosi della peggiore specie, avrebbe minacciato un dipendente di SITAF, candidato in circoscrizione, di demansionamento e anche di licenziamento se non si fosse avvicinato alla sua corrente, al telefono avrebbe detto al candidato: “Ho visto che hai i santini di quello là. Ho visto”, ed ad altri: “Bisogna fargli sentire la pressione. Se si comporta male, questo qua deve avere vita difficile”. Questa è solo l’estorsione, poi, c’è anche la corruzione elettorale. Gallo “favoriva amici e sostenitori privati nell’ottenere alcune concessioni ed autorizzazioni della pubblica amministrazione in cambio di sostegno elettorale e voti”, secondo quanto riportato da La Stampa. Si andava, quindi, dai condoni edilizî, allo spostamento di una fermata dell’autobus e, quindi, fino alla gestione più rapida delle pratiche per un intervento chirurgico.

Non si può tacere su un certo Mauro Laus, capo della cooperativa REAR, che gestisce molti servizî per diversi enti pubblici, tra cui anche l’Università degli Studi di Torino, sempre più asservita ad interessi politici di sinistra ed estrema sinistra. “Il più giovane Laus – riporta il Corriere della Sera – stringeva accordi a geometria variabile”. E che dire, poi, del povero Stefano Esposito, immolato sull’altare della “purezza del partito”. L’ex senatore è un vero e proprio Don Chisciotte, lui ha combattuto veramente contro i mulini a vento: ha cercato di combattere le pratiche clientelari del PD. Che cosa ha ottenuto? È stato inghiottito da processi senza fine, è stato minacciato dai centri sociali, in particolare Askatasuna, su cui vorrei dire cose che non posso dire. E se non mi sento libero di dire tali cose, chiedetevi se l’Italia è una democrazia costituzionale oppure un regime ibrido fondato sulla censura e la corruzione.

Nel frattempo, il figlio di Salvatore Gallo, un certo Raffaele Gallo, consigliere regionale piemontese, ha annunciato le sue dimissioni. Il PD resta, quindi, senza capolista e si trova un altro dirigente indagato, che non è Raffaele Gallo, ma Salvatore Sergi, che è direttore delle risorse umane di SITAF, nonché membro della Direzione regionale del PD. Sergi pare che abbia fatto pressioni su un dipendente per convincerlo, sotto minaccia di licenziamento, a fare campagna elettorale per Sonia Gagliano, candidata indicata da Salvatore Gallo. Insomma, altro che Terza Repubblica, qui non siamo ancora usciti dalla Prima.

 

(12 aprile 2024)

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