di Matteo Marra
In questi giorni, ha fatto parecchio discutere la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, soprattutto la presunta rappresentazione dell’ultima cena con uno strano tipo colorato di blu, circondato da una serie di transessuali. Per la Chiesa cattolica francese, trattasi di blasfemia. Per gli organizzatori, che hanno volto le loro scuse a chi si è sentito offeso, in primis, Thomas Jolly, trattasi di un simposio pagano e quello stranissimo uomo colorato di blu sarebbe il dio greco Dioniso; quello che si voleva trasmettere era “una grande festa pagana, legata agli dèi dell’Olimpo”. Prendendo per buone la parole di Jolly sorge, però, spontanea una domanda: che cosa c’entra il dio Dioniso con le Olimpiadi?
Dioniso è figlio di Zeus, il re degli dèi, e di una donna mortale, Semele. Era, moglie di Zeus, di fronte al tradimento dello sposo, decise di vendicarsi e mandò i Titani a smembrare il corpo di Dioniso neonato. Poi, ne bollirono in un calderone i pezzi, mentre un albero di melograno sorgeva da una pozza del suo sangue. Rea, nonna del bambino, accorse in suo aiuto e gli ridonò la vita. Zeus, allora, per nasconderlo ad Era, decise di affidare Dioniso rinato a Persefone, la quale lo condusse da Atamante, re di Orcomeno, e da sua moglie Ino, che convinse ad allevare il bambino negli alloggi delle donne, travestito da fanciulla (topos, cioè immagine ricorrente, della mitologia greca, basti pensare che una sorte simile toccò anche ad Achille, il grande eroe dell’Iliade). Era, però, venne a sapere del luogo ove Dioniso era nascosto e fece impazzire Ino e Atamante, che uccise suo figlio Learco dopo averlo scambiato per un cervo.
Serviva un nuovo nascondiglio per Dioniso, allora Zeus chiamò Ermete, il grande messaggero degli dèi, il quale trasformò il bambino in un capretto e lo nascose presso le ninfe del monte Nisa in Elicona. Le ninfe accudirono il figlio di Zeus in una grotta e lo nutrirono di miele, in cambio Zeus pose la loro immagine tra le stelle, con la costellazione delle Iadi. Sul monte Elicona, caro ad Apollo e questo non è un dettaglio da trascurare, Dioniso inventò il vino e, in età matura, Era fu in grado di riconoscerlo e lo fece impazzire costringendolo ad errare per il mondo. Navigò verso l’Egitto, diffondendo l’arte del vino. Nell’isola di Faro, fu accolto con gran piacere da re Proteo. Di fronte all’isola, presso la foce del Nilo, convinse alcune regine delle Amazzoni a marciare con lui contro i Titani, con i quali non scorreva buon sangue, visto che lo avevano fatto a pezzi quando era bambino e, inoltre si erano resi colpevoli di aver cacciato re Ammone dal suo regno.
In Medio Oriente, Dioniso scorticò vivo il re di Damasco e fece un ponte di edera e vite per superare il fiume Tigri. Si diresse, poi, verso l’India conquistando terre, fondando città e diffondendo le viti. Sulla via del ritorno, fu costretto a combattere contro le Amazzoni, che, sconfitte, si rifugiarono presso Samo, ove Dioniso le seguì con mano armata facendone strage. In seguito, tornò in Europa passando dalla Frigia. In questa regione, sua nonna Rea lo purificò per i molti delitti commessi e lo iniziò ai Misteri.
Fu l’ora di invadere la Tracia, ma non appena la sua flotta sbarcò alla foce del fiume Strimone, Licurgo, il re degli Edoni, li attaccò e catturò l’intero esercito. Allora, Dioniso per salvarsi si tuffò tra i flutti e si nascose nella grotta di Teti. Rea, per vendicare la sconfitta del nipote, fece impazzire Licurgo e riuscì anche a liberare gli ostaggi. Licurgo, reso folle da Rea, uccise suo figlio Driade, convinto che fosse una vita e, quando tornò in sé, si rese conto di star mutilando il cadavere di suo figlio. Si narra che l’intera Tracia inorridì per questo crimine. Solo allora Dioniso riemerse dalle onde del mare e dichiarò che la terra tracia sarebbe rimasta sterile finché gli Edoni non avessero giustiziato Licurgo, che fu trascinato dal popolo sul monte Pangeo e fu straziato da cavalli selvaggi.
Vinta l’opposizione in Tracia, le armate della follia di Dioniso si diressero in Beozia, presso Tebe. Qui, Dioniso invitò le donne ad unirsi in feste notturne orgiastiche sul monte Citerone. Il re di Tebe, Penteo, voleva impedire tale scempio ed ordinò che Dioniso fosse messo in catene, ma ad essere arrestato fu, in realtà, un toro. Le donne di Tebe, rese pazze dal dio, fecero a pezzi Penteo e fu sua madre, Agave, a staccargli la testa.
Tornato ad Orcomeno, ove era stato nascosto ed allevato da Ino e Atamante, invitò le le tre figlie di Minia, chiamate Alcitoe, Leucippe e Arsinoe, ad unirsi a lui nelle sue classiche feste notturne. Ma le donne rifiutarono, allora Dioniso si trasformò in leone, toro e pantera e fece impazzire le tre sorelle. Leucippe offrì Ippaso, suo figlio, come sacrificio e le tre sorelle, dopo averlo smembrato e divorato, vagarono per le montagne finché Ermete non le trasformò in uccelli. La morte di Ippaso veniva, seriamente parlando, commemorata ogni anno a Orcomeno, durante la festa Agrionie: le donne cercavano per la città Dioniso e, dopo averlo trovato in compagnia delle Muse, si sedevano in cerchio e si poneva degli indovinelli. Andavano avanti così finché il sacerdote di Dioniso non usciva dal tempio con la spada in pungo e sgozzava la prima che gli capitava sotto mano.
Il viaggio di Dioniso non si interruppe qui: visitò le isole dell’Egeo, a Nasso incontrò Arianna, quella del filo, abbandonata da Teseo e si fermò, poi, ad Argo, ove fece impazzire le donne della città che divorarono i proprî bambini crudi, per vendicare i compagni uccisi da Perseo. (La fonte per la storia di Dioniso è R. Graves, I miti Greci, Longanesi, Milano 2021).
In Grecia, e poi a Roma, era tradizione organizzare delle feste in onore di Dioniso, per esempio, nella stagione invernale, gli abitanti di Cineta celebravano una festa dionisiaca durante la quale gli uomini, dopo essersi unti il corpo di olio, sceglievano dalla mandria un toro che conducevano al santuario di Dioniso. Si pensava che fosse il dio stesso a indirizzarli nella scelta dell’animale, il quale, probabilmente, lo rappresentava durante il rito, data la credenza che il dio assumesse forma di toro durante tali festività. Anche a Creta si celebrano festività dionisiache e quando gli abitanti rappresentavano la passione e la morte di Dioniso, facevano a pezzi un toro vivo con i denti, elemento, questo, ricorrente nei riti dionisiaci.
In altre località, a venire fatto a pezzi durante le feste dionisiache non era un animale, bensì un uomo. Questo avveniva a Chio, ma anche a Tenedo ed a Potnia in Beozia. In queste città, era usuale immolare sull’altare di Dioniso un fanciullo, solo in un secondo tempo, sostituito da una capra. Ad Orcomeno, città che ormai conosciamo molto bene, la vittima umana era scelta tra le donne della casa reale. Dal momento che il toro e la capra rappresentavano il dio ucciso, è lecito supporre che lo rappresentasse anche la vittima umana. (La fonte per le festività dionisiache è J. G. Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton Editori, Roma 2022).
A Roma, proprio gli eccessi e gli orrori di queste festività costrinsero, nel 186 a.C., come informa lo storico Tito Livio nel suo Ab urbe condita (Libro 39, capitoli 8-22), il Senato romano ad emanare un decreto, il Senatus consultum de Bacchanalibus, col quale furono proibiti in tutta Italia i Bacchanalia, ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato. Si ammettevano, però, eccezioni per quelle riunioni dedicate a Bacco approvate dal Senato.
Ora, Dioniso non è solo un dio greco, ma è anche un simbolo ed è fuori luogo durante le celebrazioni delle Olimpiadi proprio perché rappresenta tutto ciò che le Olimpiadi non devono e non possono essere, o meglio, non dovrebbero e non potrebbero essere. Le Olimpiadi sono nate e, poi, rinate per esaltare la forza fisica individuale, la sanità della gioventù delle Nazioni, la bellezza fisica e morale, l’agonismo e l’unità dei popoli della Terra. Invece, a Parigi, sono diventate lo spettacolo che stiamo vedendo. Gli atleti si ammalano e vomitano a ripetizione dopo aver toccato le acque della Senna, che era stata ripulita in vista dei giochi, uno dei ministri di Macron ci aveva pure fatto il bagno.
Vive la France.
(2 agosto 2024)
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