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Dobbiamo dirlo: a salvarci non arriverà nessuno

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di Matteo Marra

L’astensionismo è la dimostrazione evidente che il nostro sistema politico si è inceppato. Questo è il risultato di anni ed anni di qualunquismo, preceduti da una lotta alle istituzioni in nome dell’anticorruzione e non, invece, ai corrotti. L’Italia è quel Paese in cui ci si lamenta che c’è qualcosa che non va, ma non si fa nulla per cambiare le cose. L’italiano attende seduto sul divano di casa che un Messia arrivi e salvi la Nazione. Dobbiamo dirlo: non arriverà nessuno a salvarci.

Ad ogni terremoto politico, abbiamo risposto non cambiando la classe politica, ma lasciando che le stesse persone occupassero gli stessi posti. Ce la siamo presa coi partiti dimenticando, però, che ad accettare tangenti sono sempre le persone e non i partiti, che a pagare le tangenti sono sempre delle persone. È come se ce la prendessimo con una casa che va a fuoco e non con gli inquilini che hanno causato quell’incendio. Ci siamo coperti di orgoglio nel prendere a picconate la “corruzione” e, invece, abbiamo preso a picconate la democrazia. Dopo aver devastato il sistema partitico, che era stato in grado di costruire miracolosamente una promettente democrazia dopo vent’anni di fascismo, abbiamo deciso che era ora di prendere a mazzate anche il Parlamento ed abbiamo “dimezzato” i deputati ed i senatori in nome di un risparmio talmente miserabile che sarebbe un insulto all’intelligenza metterlo in un’apposita voce del bilancio dello Stato.

Abbiamo dato la colpa al sistema elettorale proporzionale, che impediva il formarsi di una chiara maggioranza dopo le elezioni. Con la stessa scusa, ci siamo inventati la soglia di sbarramento e la raccolta firme per presentarsi alle elezioni per impedire che i piccoli partiti possano entrare nelle Camere e sovvertire lo status quo con riforme troppo democratiche. E che cosa abbiamo ottenuto? Che il voto di chi sceglie i grandi partiti vale infinitamente di più, l’astensionismo è, quindi, cresciuto esponenzialmente nel corso del tempo, visto che i partiti che potrebbero rappresentare delle quote di astensionisti, spesso, non riescono a superare la soglia di sbarramento e non sono votati.

Ma se in Parlamento non sono rappresentate tutte le diverse visioni del mondo che avrebbero diritto a starci con un sistema proporzionale, succede che il Parlamento non rappresenta più il popolo e la lotta politica si sposta dalle Camere alle strade. Il problema è che in Parlamento, la lotta si fa con le idee, per le strade, invece, la si fa con le armi. Il maggioritario avrebbe dovuto risolvere il male della politica italiana: la caduta continua dei governi. Ma ci siamo accorti che non siamo abbastanza maggioritarî ed abbiamo tirato fuori la storia del “premierato”. L’esecutivo deve essere sempre più forte, deve ricattare il Parlamento, altrimenti non siamo contenti. Il Presidente della Repubblica? Bollato come inutile e se ne chiedono le dimissioni con la stessa facilità con cui si ordina da bere al bar. Se si avesse davvero avuto la volontà di porre fine a quella abitudine di far cadere i governi, sarebbe bastato introdurre la sfiducia costruttiva: il governo cade solo se c’è un’altra maggioranza che può subentrare immediatamente a quella appena caduta.

Il problema che il premierato vuole risolvere non è quello della bassa durata dei governi, ma la dipendenza del governo dal Parlamento: la separazione dei poteri, principio cardine del costituzionalismo liberale, non va tanto di moda oggi. In Italia, il Governo è responsabile di fronte al Parlamento degli atti compiuti, la possibilità per il Parlamento di far cadere il Governo serve proprio a garantire che il Governo non commetta atti deplorevoli, come violare sistematicamente la Costituzione. Per dirla con termini un po’ più forti, ma meglio comprensibili: oggi, è il Parlamento che ha potere di vita e di morte sul Governo, potendone provocare la caduta in qualsiasi momento. Col premierato, sarebbe il Governo ad avere questo potere sul Parlamento, potendo, di fatto, scioglierlo in qualsiasi momento, anche indirettamente.

La Costituzione? In un primo momento, era la base della nostra democrazia, quello che ci rendeva orgogliosi di essere italiani. Poi, è diventata un elenco di “linee guida”, che si potevano rispettare o no a nostro imperscrutabile giudizio. Oggi? Qualcosa di cui dobbiamo liberarci il prima possibile. Ormai, la Costituzione è revisionata con la stessa frequenza con cui si prende il caffè al mattino.

Questo per dire che dipende da noi elettori. Sì, dipende solo da noi elettori (e non dai poteri forti) dirigere il corso della storia votando. Meno della metà della popolazione mondiale ha questo potere ed in troppi continuano a morire solo per averlo. Se c’è gente disposta a morire per fare la “x” su un simbolo, forse questo voto che disprezziamo gratuitamente ha una qualche importanza. E non raccontiamocela col “devo votare il meno peggio”. Le persone perbene sono ovunque, esattamente come sono ovunque le persone che hanno cattive intenzioni. Sta a noi cercare quelle persone che possono meglio rappresentarci. Possiamo anche sbagliare, ma dobbiamo ricordare che le responsabilità sono sempre e solo personali: non possiamo incolpare tutta la classe politica se qualcuno si mette in vendita. Statisticamente qualcuno di decente c’è sempre. Solo che è più facile dire “devo votare sempre il meno peggio” piuttosto che informarsi sui candidati, costerebbe fatica. Ricordiamoci che viviamo in un Paese, come ricordava anche Gobetti, che ogni tanto rinuncia alla lotta politica per pigrizia.

Provo ora un ultimo e disperato appello ai liberi ed ai forti, come direbbe un certo don Sturzo, l’8 ed il 9 giugno, facciamo un favore a noi stessi, serviamo la Patria in un modo singolare: votiamo alle elezioni europee. Ed i piemontesi lo facciano anche alle elezioni regionali e comunali. Mostriamo di aver imparato la lezione! Diciamo chiaramente ai segretarî ed ai presidenti di partito che il popolo italiano tiene ancora un po’ alla sua democrazia. Chi si astiene spesso lo fa dicendo che vuole mandare un messaggio ai politici. In realtà, agli attuali politici conviene che la gente non vada a votare.

 

(6 giugno 2024)

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